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giovedì 12 aprile 2012

NOTA SUGLI YOGA SUTRA DI PATANJALI


Secondo la filosofia indiana, gli Yoga Sutra, come altre scritture yogiche, furono scritte da rishi, cioè da saggi. Alcuni studiosi collocano la nascita di Patanjali intorno al 300 a.C., ma tale data è incerta. Si ritiene che egli fosse una incarnazione di Adishesha, veicolo del dio Vishnu, il codra dalle mille teste, capo della razza dei serpenti che si riteneva a guardia dei segreti tesori della Terra.



Secondo la leggenda, Vishnu, che attiene alla conservazione, osservò che la gente sulla Terra si faceva coinvolgere troppo dalle cose materiali, perdendo la capacità di collegarsi con l'estatico. Vishnu si preoccupa sempre quando vede persone infelici e, mentre riposava sul suo giaciglio, che in quel momento era il serpente Adishesha, gli venne un'idea : consigliò al serpente di incarnarsi in un saggio e di codificare il metodo per ottenere il samadhi (illuminazione) in una formula concisa e facilmente utilizzabile dal popolo. Secondo la leggenda, quel saggio era Patanjali: egli codificò le chiavi per la felicità nella forma di Yoga Sutra, che risultarono utili migliaia di anni fa e che vengono riscoperti nell'epoca attuale.
Essi però non vi riveleranno a parole il significato della vita.
Tutti gli scritti mistici sono come le note musicali: se leggete la musica e la suonate, potrete sperimentarla.

Dovete suonare le note per udire la musica.

Analogamente Patanjali non descrive il samadhi, ma vi fornisce delle istruzioni: seguendole, avrete l'esperienza che non può essere descritta a parole.
Patanjali elenca cinque ostacoli che ci impediscono di sperimentare il samadhi: si tratta dei klesha, che disturbano noi oggi quanto (se non di più) gli indiani alla ricerca dell'illuminazione millenni or sono:
  • Avidya: ignoranza o erronea conoscenza
  • Asmita: egoismo
  • Raga: attaccamento eccessivo alle cose piacevoli
  • Dvesa: avversione eccessiva, odio
  • Abhinivesha: paura della morte



immagine tratta da http://circlesallthewaydown.blogspot.it

I cinque klesha derivano tutti dal primo, avidya. Spendiamo la prima metà della nostra vita a costruirci una personalità e la seconda metà a cercare di difenderla perchè ci abbiamo lavorato sopra tanto duramente ( "certo che sono ostinato : sono del Toro!"). Mentre ci attacchiamo sempre di più alla nostra personalità che abbiamo creato, cominciamo erroneamente a considerarla come la nostra vera identità, ed essa comincia a modellare la mente e il corpo. Questo atteggiamento sbagliato è avidya, l'ignoranza della nostra vera natura, che è il Sè immortale e immutevole.
Se vi aggrappate alla personalità, è facile che qualcuno, fraintendendovi, vi ferisca: "Pensavo che mi avessi capito!" vi capiterà di esclamare. La personalità, a sua volta, diviene più rigida e inizia a limitare le nostre possibilità.
Quando vi capiterà ancora di dire " Non sono quel genere di persona" oppure " Questo non è affar mio" riflettete che non siete costretti a comportarvi in modo coerente con la personalità che avete costruito fino a quel momento.
Rilassatevi (cioè, rilassate la vostra identificazione con il mente/corpo) .
Per liberarsi dai klesha, Patanjali raccomanda un sistema di yoga in otto gradini definito Ashtanga o Raja Yoga. Ogni ramo dell'albero del Raja Yoga rappresenta una pratica yoga purificatrice:

1. Yama: limitazioni di ordine etico (non violenza, sincerità, astensione dal furto e dall'avidità, continenza)
2. Niyama : consiste in osservanze  (purezza, appagamento, disciplina,studio del Sè, devozione)
3. Asana : postura
4. Pranayama: controllo della forza vitale
5. Pratyahara: ritrazione dai sensi
6. Dharana: concentrazione
7. Dhyana: meditazione
8. Samadhi: beatitudine

Come iniziare questa ricerca della propria vera natura ? Cominciamo con il primo sutra di Patanjali :




Atha yoganushasanam ( YS I:1)
Così procede lo yoga, come io l'ho osservato nel mondo naturale




Significa che ciò che è necessario sapere per tornare al proprio stato naturale è davanti a noi, se solo siamo disposti a guardare.

Esiste un asana che si chiama Setu Bandhasana, letteralmente " la costruzione di un ponte". Mentre sollevate lentamente la schiena  fino a toccare il pavimento solo con la testa e i piedi, sperimenterete il collegamento tra la riva più vicina e quella più distante.
Forse noterete che la mente comincia ad agitarsi quando le gambe iniziano a stancarsi e forse noterete anche che respirando più profondamente per inviare più energia alle gambe, la mente comincia a rallentare, consentendovi di sperimentare un sottile cambiamento nella coscienza. E' questo il modo in cui gli yogi imparano a entrare in stati di coscienza più profondi, osservando, come dice Patanjali, in che modo lo yoga procede nel mondo naturale.



immagine tratta da http://www.trueashtangayoga.com

Nel secondo sutra, Patanjali definisce lo Yoga:




Yogash chitta-vritti-nirodhah ( YS I:2)
Lo yoga si realizza quando cessa l'identificazione con le fluttuazioni della mente.




Siamo tutti alla mercè delle fluttuazioni della nostra mente. I nostri pensieri possono agitarci, farci piacere, ma non sono in grado di condurci in uno stato di Yoga.
Per raggiungere uno stato di yoga dobbiamo lasciare che la nostra attenzione venga liberata dalle fluttuazioni mentali, in modo da andare oltre il pensiero.



 tratto dal libro " Jivamukti Yoga" di David Life e Sharon Gannon






2 commenti:

  1. Risposte
    1. Si anche secondo me, in particolare mi piace quando dice : "Spendiamo la prima metà della nostra vita a costruirci una personalità e la seconda metà a cercare di difenderla perchè ci abbiamo lavorato sopra tanto duramente " ciaooo :)

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